La storia della canapa nel nostro Paese è quella della demonizzazione di un prodotto che, in realtà, offre numerosi vantaggi, per l’industria dell’abbigliamento e non solo. La coltivazione della canapa e il suo utilizzo, infatti, sono stati proibiti per lungo tempo semplicemente per ragioni culturali, anche se stupisce osservare che altre sostanze in grado di provocare danni persino superiori, come il tabacco e l’alcol, sono perfettamente legali, visto che fanno parte del costume italiano.
In Italia la canapa ha una storia millenaria: basti pensare che nel Canavese sono state ritrovate delle pipe preistoriche in cui sono state reperite delle tracce di questa sostanza. E non è un caso che il ritrovamento sia andato in scena proprio ai piedi delle Alpi: il Canavese si chiama così per via della canapa, e la bandiera della ragione mostra una sua foglia. Ciò vuol dire che per migliaia di anni chi ci ha preceduto ha usato questa pianta, non solo per nutrirsi, ma anche per scaldarsi, per vestirsi, per scrivere e perfino per curarsi. Un rapido balzo in avanti nel tempo ci conduce, ora, agli anni ’50 del XX secolo, quando il nostro Paese era il principale produttore mondiale di canapa, secondo solo all’Unione Sovietica.
La fibra migliore in assoluto era quella che veniva fornita dalla varietà Carmagnola, ma ciò che rendeva la coltivazione un affare era la resa unitaria per ettaro, più alta che in qualsiasi altro Paese. Per molti secoli, a partire dal 1300, il nostro territorio è stato un punto di riferimento per l’esportazione della canapa, anche perché alla varietà italiana venivano attribuite qualità importanti per le fibre tessili per gli indumenti. Agli inizi del secolo scorso, poi, non mancavano le applicazioni in ambito farmaceutico: l’estratto di canapa indiana e i sigaretti di canapa indiana venivano usati per contrastare l’asma. Fino al secondo dopoguerra la coltivazione della canapa era più che normale, anche perché il nostro Paese aveva ancora una connotazione fortemente agricola; l’arrivo delle fibre sintetiche, poi, ha provocato un cambiamento delle condizioni economiche, con la conseguente demonizzazione della canapa.
Oggi per fortuna la produzione di abbigliamento biologico in canapa sta riconquistando spazi e rilevanza, anche se a livello culturale resta ancora molto da fare per far comprendere alle nuove e alle vecchie generazioni che questa pianta non è solo sinonimo di sballo, ma che – se trattata in modo opportuno – assicura un miglioramento globale dello stato fisico e psicologico dell’organismo umano.