La maledizione del Diamante Hope, Blu di Francia

Il Diamante Hope è una delle gemme preziose più famose nella storia, purtroppo più per la sua fama di “porta sfortuna” che per la sua bellezza, per altro innegabile. Si tratta di un gioiello da ben 44,5 carati, circolare (anche se le forme e le dimensioni sono cambiate nel corso dei secoli), caratterizzato da un blu notte profondo e misterioso, che non può che attirare lo sguardo.

Ecco, in questo caso però forse è meglio seguire l’antico detto: guardare e non toccare!

diamante hope
Il Diamante Hope

Perché? Perché la sua storia, i suoi viaggi, i cambi di mano e i trasferimenti fra paesi, casate e dimore andrebbero a braccetto con malattie, omicidi, suicidi, moti rivoluzionari, sparizioni, incidenti e rovine economiche. Questo senza contare divorzi e problemi di successione!
Vediamo, allora, i presunti proprietari e il loro destino:

1 – La leggenda vuole che il Diamante Hope – nella sua forma originale un gioiello da ben 112 carati – fosse incastonato all’interno della statua della dea Rama-Sitra, in un tempio indiano vicino a Mandalay. Da qui, nel 1515, sarebbe stato rubato da un sacerdote, poi catturato e torturato.
Una versione leggermente diversa della storia, però, vuole che a rubare la gemma – staccandola dall’occhio dell’idolo – fosse stato il gioielliere Jean-Baptiste Tavernier, poi morto in povertà mentre tentava di recuperare la fortuna di famiglia.
2 – I proprietari successivi sarebbero poi stati Luigi XIV e Luigi XV: entrambi morirono in età avanzata, ma solo dopo malattie piuttosto dolorose e lunghe.
Entrambi, poi, ebbero problemi con le successioni e dovettero affrontare un numero piuttosto elevato di lutti familiari!
È importante ricordare che in questa fase il diamante venne tagliato a forma di cuore e ridotto nelle dimensioni, arrivando ai suoi provvisori 67,5 carati.
3 – Il gioiello venne, quindi, donato alla Principessa Maria Teresa Luisa di Savoia-Carignano, che venne poi uccisa brutalmente nel 1792, durante il “Terrore”.
4 – I proprietari successivi furono Luigi XVI e Maria Antonietta… e tutti ricordiamo come andò a finire il loro regno nel 1793.
5 – A partire dalla Rivoluzione Francese, le tracce del Diamante Hope si fanno meno chiare: in quegli anni ci fu probabilmente un passaggio di proprietà continuo, anche se in molti sostengono che la pietra finì nelle mani di Caterina la Grande di Russia. L’apoplessia la uccise nel 1796.
6 – Dopo tanti misteri e vendite nell’ombra, la gemma ricomparve a Londra nel 1830. Qui Lord Henry Thomas Hope diede il suo nome al diamante e lo fece ulteriormente tagliare, arrivando alle dimensioni di oggi: per questo privilegio pagò ben 30mila sterline, una cifra astronomica per i tempi.
Il nobile inglese, però, si separò dalla moglie e decise di cedere la pietra.
7 – I due proprietari successivi furono, quindi, un certo Jacques Colot – che impazzì – e il principe russo Kanitowskij, che uccise la ballerina cui aveva donato il diamante e poi finì massacrato dai rivoluzionari.
8 – Il Blu di Francia passò, quindi, al Sultano Abdul Hamid II (per ben 400mila dollari): un anno dopo, il sultano venne deposto e finì in miseria.
9 – Nel 1908, Pierre Cartier (un cognome decisamente noto) acquistò il diamante e lo vendette a sua volta a Edward Beale McLean, proprietario del Washington Post. E qui le cose si fanno davvero inquietanti.
Negli anni successivi la famiglia dovette affrontare un numero impressionante di difficoltà e tragedie: prima morì la madre di McLean, poi il primogenito venne ucciso da un’auto, poi morirono due cameriere, poi i due coniugi decisero di separarsi. Evelyn Walsh – la moglie – non rinunciò mai al diamante e lo indossò fino al momento della morte, nel 1947: nel frattempo, però, dovette assistere anche alla morte della figlia, che aveva indossato il gioiello il giorno del suo matrimonio.
Quando nel 1952 il secondogenito della coppia tentò di regalare il Diamante Hope alla moglie, lei cortesemente rifiutò.
10 – L’ultimo proprietario fu, quindi, Hanry Winston, che cedette la gemma allo Smithsonian Institute di Washington.

 

La pietra si trova lì ancora oggi.

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