In Gran Bretagna, la gestione dei corpi donati alla scienza è affidata a una normativa nata come aggiornamento dell’Anatomy Act, una legge introdotta nel 1832.
All’epoca, centri universitari e laboratori erano costretti a utilizzare solo i corpi dei condannati a morte – 2 o 3 all’anno al massimo – con serie conseguenze sull’insegnamento e sulla ricerca: il Bloody Code, che nel ’23 aveva ridotto i reati puniti con la pena di morte, non aveva certo facilitato le cose.
Servivano almeno 500 corpi e l’atto ufficiale – a quel punto dovuto – aprì finalmente le porte a cadaveri non reclamati dalle famiglie o donati alla scienza nelle ultime volontà: una decisione importantissima, che – pur conservando tratti macabri – determinò notevoli progressi e permise scoperte epocali.
L’Anatomy Act, però, non nacque solo da un’esigenza sociale e da richieste ufficiali di medici e studiosi.
L’Anatomy Act nacque anche come reazione all’incredibile serie di omicidi di Burke e Hare, i ladri di cadaveri, o – meglio – gli Assassini di West Port.
1827 – 1828
William “Dynes” Burke e William Hare erano due amici: vivevano vicini a Edimburgo, in Scozia, lavoravano insieme e coinvolgevano nelle loro attività anche le loro compagne.
Hare possedeva una casa-alloggio con molti inquilini e tirava avanti con affitti bassi, affitti in ritardo, inquilini malati e spese infinite.
Circolava, però, voce che l’Università di Edimburgo pagasse bene: medici e insegnanti cercavano corpi “freschi” ed erano disposti a dare in cambio fino a 10 sterline.
Nel novembre del 1827, ai due amici si presentò una vera occasione: uno degli inquilini della casa-alloggio, un tizio malato che non pagava da un po’, morì di cause naturali. Burke e Hare seppellirono in fretta una bara praticamente vuota e trasportarono il corpo all’Università: Robert Knox, chirurgo piuttosto noto all’epoca, l’acquistò senza fare troppe domande, dando loro poco più di 7 sterline.
Dal colpo di fortuna agli omicidi pianificati il passo fu brevissimo: prima tutti gli inquilini malati, poi i pensionati, poi i mendicanti, una nonna col nipote, un’ex inquilina finita in cattive acque, alcuni conoscenti e sfortunati del quartiere.
I due uccisero – in totale – 17 persone, guadagnano, per ognuna, fino a 10 sterline: il metodo usato era principalmente il “burking” (termine coniato proprio partendo dai loro nomi), cioè la compressione del petto per indurre al soffocamento.
Dopo quasi un anno, però, Burke e Hare cominciarono a commettere alcuni passi falsi: prima assassinarono James “Daft Jamie” Wilson, un zoppo molto noto nella zona, che venne riconosciuto anche da alcuni studenti; poi, iniziarono a uccidere con disattenzione, destando sospetti.
Denunciati da una conoscente, i due vennero arrestati, seguiti poi dalle mogli.
Le prove, però, non erano schiaccianti e il Lord Advocate Sir William Rae dovette promettere l’immunità ad Hare, in cambio di una testimonianza contro Burke.
William Burke, da solo, venne condannato a morte; William Hare uscì di prigione nel 1829, sparendo nel nulla.
Il corpo di Burke venne donato all’Università e il suo scheletro finì esposto in una teca!