Quasi tutti conoscono la storia del Titanic, l’Inaffondabile, l’enorme transatlantico salpato da Southampton per il suo viaggio inaugurale il 10 aprile 1912 – rotta New York – entrato in collisione con un iceberg alle 23.40 del 14 aprile a inabissatosi definitivamente alle 2:20 del 15 aprile: 1518 morti, poco più di 700 sopravvissuti.
Ma quali sono le sue origini?
Il famoso transatlantico faceva parte della classe Olympic, cioè di un gruppo di tre navi sorelle costruite agli inizi del Novecento dalla compagnia White Star Line: il Titanic, terminato nel 1911 per la modica cifra di 7,5 milioni di dollari, affondò nel 1912; l’Olympic venne varato nel 1910 e smantellato nel 1935; il Britannic venne varato nel 1914, convertito in nave ospedale nel corso del primo conflitto mondiale ed affondato da una mina tedesca nel 1916.
Il suo scopo era fornire un collegamento settimanale con l’America, regalando ai suoi passeggeri un viaggio comodo, in spazi ampi arredati con gusto e materiali ricercati: alcune delle fotografie della nave mostrano chiaramente il livello di sfarzo che alcune stanze arrivavano a raggiungere.
Il suo primo collegamento partì proprio da Southampton per portare gli oltre 2000 passeggeri (fra cui 900 membri dell’equipaggio) dall’altra parte dell’Atlantico: al momento del varo, una grandissima folla salutò quella specie di palazzo galleggiante, un esempio formidabile delle capacità tecniche raggiunte nei primi anni del secolo scorso.
Dopo quattro giorni tranquilli, l’equipaggio del Titanic cominciò a ricevere messaggi di allerta da altre navi: alle 13.00 del 14 aprile, per esempio, il comandante della Baltic segnalò la presenza di ghiaccio sulla rotta.
L’Inaffondabile, però, procedeva bene, rischiava addirittura di arrivare con un giorno di anticipo, quindi la rotta venne solo leggermente modificata, mentre la velocità rimase invariata.
Alle 13.45 arrivò l’allerta dell’Amerika, seguita, nel pomeriggio, dalle comunicazioni della Mesaba: i messaggi non arrivarono mai in plancia.
Alle 21.00, con un oceano eccezionalmente calmo, le vedette cominciarono a scrutare il mare a occhio nudo: forse per la fretta della partenza, infatti, erano stati dimenticati a terra i binocoli. Si stimava, però, che – anche in questo modo – in quelle condizioni di luce e nella totale assenza di onde, sarebbe stato possibile scorgere un ostacolo almeno un miglio prima dell’eventuale collisione.
Un’ora e mezza dopo, la Rappahrock confermò con una lampada Morse la presenza di iceberg sulla rotta, seguita – alle 23.00 – dalla Californian: gli ultimi due avvertimenti non arrivarono mai in plancia e il Titanic continuò nella stessa direzione, con la stessa velocità.
Alle 23.40, due vedette scorsero l’iceberg di fronte alla nave e avvertirono il comandante: la distanza troppo breve (in quelle condizioni climatiche e con quella luce, i due uomini non avrebbero potuto vedere oltre 400-500 m) e la velocità troppo alta (si stimano 20,5 nodi) resero impossibile sfuggire all’ammasso di ghiaccio.
Si tentò una virata a sinistra, ma l’impatto fu devastante: alcuni esperti, negli anni successivi, ipotizzarono che, se il Titanic avesse colpito “di muso” l’iceberg, sarebbe probabilmente rimasto sufficientemente intatto da completare, pur con difficoltà, il suo percorso.
L’apertura sulla fiancata, invece, non lasciò scampo al transatlantico, che si inabissò in circa due ore, ergendosi in verticale e spezzandosi in due tronconi poco prima di sparire sotto la superficie dell’oceano: i circuiti elettrici saltarono definitivamente solo alle 2:15.
Cosa rimane del Titanic?
Pochi oggetti, una parte del ponte principale, reperti provenienti dai bagagli dei passeggeri: tutto raccolto nella mostra “The Artifact Exhibition” che, fino al 25 giugno, resterà alla Promotrice delle Belle Arti di Torino.
Nel percorso sarà possibile vedere le ricostruzioni di una cabina di prima classe e una cabina di terza, oltre che sperimentare la temperatura di quella mattina grazie ad una vera parete di ghiaccio: un memorial wall finale raccoglie i nomi di tutti i passeggeri.
A pochi giorni dall’anniversario della tragedia, può essere interessante e importante ricordare la vita di chi è perito nell’incidente con una mostra completa, capace di raccogliere, nel mondo, oltre 10 milioni di visitatori!