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30 gennaio 1972: la Bloody Sunday che ha cambiato la storia

Con il termine “Bloody Sunday” (in gaelico Domhnach na Fola) si indica la Domenica di Sangue che ha cambiato per sempre la storia della città di Derry e dell’Irlanda del Nord, il 30 gennaio del 1972.

Dalla fine degli anni ’60, il paese viveva in un clima molto teso, alimentato dai contrasti fra Unionists (o Loyalist), cioè i cittadini protestanti che detenevano la maggior parte del potere politico ed economico e sostenevano l’appartenenza della provincia al Regno Unito, e Nationalists (o Republicans), cioè la minoranza cattolica che spingeva per la riunificazione dell’Irlanda.
Le due fazioni avevano dato vita ad organizzazioni paramilitari impegnate in vere e proprie azioni di guerriglia: da una parte gli unionisti di UDA e UVF, appoggiati dall’esercito britannico e dalla polizia nord irlandese (la Royal Ulster Constabulary), dall’altra l’IRA, cioè l’Irish Republican Army.
Gli scontri di piazza, così come le sparatorie, erano più o meno all’ordine del giorno, e non mancavano marce spontanee e manifestazioni per i diritti civili: molti cittadini nord irlandesi si trovarono, per esempio, a protestare per l’applicazione dell’Internment, cioè della norma che permetteva alle forze di polizia di detenere una persona a tempo indeterminato, senza bisogno di un processo e con la sola approvazione del Ministro degli Interni. In molti si trovarono in prigione, senza un motivo apparente e senza sapere quando sarebbero potuti uscire.

Bloody Sunday: Padre Edward Daly guida un gruppo di persona che trasporta il corpo di Jackie Duddy
Bloody Sunday: Padre Edward Daly guida un gruppo di persone che trasporta il corpo di Jackie Duddy

La manifestazione prevista a Derry per il 30 gennaio del 1972 era una manifestazione come tante altre, nata per opporsi apertamente a tutta questa serie di norme, pericolose perché in contrasto con i diritti civili fondamentali.
Le cose, però, non andarono come previsto: i paracadutisti del 1° Battaglione Britannico, chiamati a disperdere i manifestanti, iniziarono a sparare sulla folla.
A quanto pare, erano stati segnalati colpi di arma da fuoco provenienti dai cittadini nord irlandesi: la sparatoria andò avanti per diversi minuti, davanti agli occhi di tanti giornalisti presenti (compreso l’italiano Fulvio Grimaldi).

I feriti furono 26, 13 vennero colpiti a morte:
– John (Jackie) Duddy (17 anni): in molti videro un soldato prendere attentamente la mira prima di colpirlo mentre fuggiva
– Hugh Pious Gilmour (17 anni): una foto scattata al momento della morte lo mostra chiaramente disarmato
– Kevin McElhinney (17 anni): venne colpito alle spalle
– Michael Gerald Kelly (17 anni): venne colpito vicino alle barricate, testimoni confermarono che era disarmato
– John Pious Young (17 anni): venne colpito alla testa
– Gerald Donaghy (17 anni): colpito allo stomaco, venne portato in una casa vicina, dove venne soccorso da un medico. Foto ufficiali della polizia mostrano bombe a mano trovate nelle sue tasche, ma nessuno dei presenti al momento dell’arrivo nell’abitazione ricorda di aver trovato quelle armi
– Patrick Joseph Doherty (31 anni): colpito alle spalle, una serie di foto scattate prima e dopo il momento della morte lo mostrano chiaramente disarmato
– Bernard McGuigan (41 anni): accorso ad aiutare Patrick Doherty, venne colpito alla nuca. Un paracadutista confessò nel 2003 di averlo colpito anche se sventolava un fazzoletto bianco
– William Noel Nash (19 anni): stava correndo in soccorso di un altro ferito
– Michael M. McDaid (20 anni): venne colpito in faccia
– James Joseph Wray (22 anni): ferito una prima volta, venne ucciso con un secondo colpo. Alcuni testimoni lo sentirono gridare dopo essere stato ferito la prima volta
– Gerald McKinney (34 anni): secondo i testimoni, stava gridando “Don’t shoot!”, non sparate
– William Anthony McKinney (27 anni): stava correndo in aiuto di Gerald McKinney
– John Johnson (59 anni): la vittima più “anziana”, venne colpito ben 15 minuti prima dell’inizio della sparatoria. Johnson non era nemmeno alla manifestazione, ma si stava recando a casa di un amico: ferito a spalla e gamba, morì 4 mesi dopo.

Bloody Sunday: le conseguenze
Bloody Sunday: le conseguenze

Le reazioni alla Bloody Sunday furono diverse: l’IRA vide un incredibile aumento dei reclutamenti, il governo ed il parlamento locali vennero sciolti con una Direct Rule da Londra, venne istituita una prima commissione, la “Widgery Tribunal”, che non rilevò alcuna responsabilità penale.
Il clima peggiorò ulteriormente, ma il popolo inglese mostrò comprensione verso i vicini irlandesi, soprattutto dopo la circolazione delle norme imposte in Irlanda del Nord: l’opinione pubblica, infatti, non conosceva cose come l’Internment e, dopo i fatti di Derry, manifestò vicinanza, con un’insospettabile ondata di simpatia.
Solo una seconda indagine, la “Saville Inquiry”, partita nel 1998 e conclusasi nel 2010, ha definitivamente ammesso e condannato la strage, scagionando le vittime da ogni sospetto.

Ad oggi, il quartiere di Bogside a Derry raccoglie alcuni meravigliosi murales: la collezione nasce con l’intento di mantenere sempre viva la memoria della Bloody Sunday, ricordando anche tutte le vittime e le loro storie.

Una curiosità: la violenza di questa giornata ha ispirato moltissimi artisti. Paul McCartney, John Lennon, U2, Black Sabbath sono solo alcuni dei nomi dei musicisti che dedicarono una delle loro opere a questa terribile strage.

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